Abbiamo scelto di allestire il carro del Coordinamento
Torino Pride glbt, quello di apertura corteo, con delle carte
d'identità formato 70*100 apportanti il marchio "RESPINTO" su nome,
cittadinanza e stato civile per rappresentare lo stridente contrasto tra
una cittadinanza come la vorremmo e quella che invece riceviamo.
Le persone gay, lesbiche, transessuali, nate o non nate in Italia, hanno spesso un "problema" con la loro carta d'identità: questa non le rappresenta, falsifica il loro reale stato, la loro concreta condizione.
Magari convivono da anni con un compagno o con una compagna dello stesso sesso, eppure figurano come "libere" o "celibi", o "nubili". Evidentemente non c'è spazio per poter dichiarare che queste persone hanno un vincolo affettivo, questo spazio non viene pubblicamente riconosciuto; al massimo è una cosa privata. Le persone transessuali/transgender, inoltre, non hanno spesso nemmeno il piacere, e il diritto, di vedere riconosciuto il loro nome, e il loro genere sulla carta d'identità. Quello che si ritrovano tra le mani è un nome e un genere che è stato loro assegnato al momento della nascita. Le cose sono poi andate diversamente, è la vita! Ma allora perché non ammetterlo, perché non accettarlo, riconoscerlo? Più precisamente vorremmo sottolineare le falle della legge 164/1982 (che regolamenta il cambio di sesso), in specie l'impossibilità delle persone trans a scegliere il nome e il sesso in assenza della riattribuzione chirurgica genitale, ricordando a tal proposito che al Senato si dovrebbe discutere il DDL 405 che proprio ciò dovrebbe regolare e porre inoltre delle limitazioni agli interventi sui genitali di bimbi e bimbe con forme di intersessualità identificabili alla nascita;
E poi, perché non includere nella cittadinanza anche chi è cresciuto/a e magari anche nato/a in Italia, perché non riconoscere nuovi cittadini e cittadine?
Contro la logica di "respingimento" degli affetti, delle identità di genere, delle nuove cittadinanze, noi vi mostriamo le nostre carte d'identità, così come le vorremmo.
Le persone gay, lesbiche, transessuali, nate o non nate in Italia, hanno spesso un "problema" con la loro carta d'identità: questa non le rappresenta, falsifica il loro reale stato, la loro concreta condizione.
Magari convivono da anni con un compagno o con una compagna dello stesso sesso, eppure figurano come "libere" o "celibi", o "nubili". Evidentemente non c'è spazio per poter dichiarare che queste persone hanno un vincolo affettivo, questo spazio non viene pubblicamente riconosciuto; al massimo è una cosa privata. Le persone transessuali/transgender, inoltre, non hanno spesso nemmeno il piacere, e il diritto, di vedere riconosciuto il loro nome, e il loro genere sulla carta d'identità. Quello che si ritrovano tra le mani è un nome e un genere che è stato loro assegnato al momento della nascita. Le cose sono poi andate diversamente, è la vita! Ma allora perché non ammetterlo, perché non accettarlo, riconoscerlo? Più precisamente vorremmo sottolineare le falle della legge 164/1982 (che regolamenta il cambio di sesso), in specie l'impossibilità delle persone trans a scegliere il nome e il sesso in assenza della riattribuzione chirurgica genitale, ricordando a tal proposito che al Senato si dovrebbe discutere il DDL 405 che proprio ciò dovrebbe regolare e porre inoltre delle limitazioni agli interventi sui genitali di bimbi e bimbe con forme di intersessualità identificabili alla nascita;
E poi, perché non includere nella cittadinanza anche chi è cresciuto/a e magari anche nato/a in Italia, perché non riconoscere nuovi cittadini e cittadine?
Contro la logica di "respingimento" degli affetti, delle identità di genere, delle nuove cittadinanze, noi vi mostriamo le nostre carte d'identità, così come le vorremmo.
Firma la petizione http://goo.gl/BFjLxD
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