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domenica 7 febbraio 2016

Documenti e persone trans





Cosa significa per una persona trans doversi sottoporre al giudizio di un tribunale per il cambio di identità sui documenti?
Quanto descritto in questa puntata di I am cait (1x07) vale anche per l'Italia

youtube ritiene non si possa caricare 2 minuti di questo video per questioni di copyright. trovate la puntata completa  a questo indirizzo http://www.cb01.co/serietv/io-sono-calt-i-am-cait/

mercoledì 22 luglio 2015

Nuove interpretazioni, solite oppressioni


L’Italia esulta per la sentenza 15138-15 della cassazione, che uniforma l’orientamento da seguire per tutti i tribunali italiani qualora una persona transessuale chieda il cambio dell’indicazione anagrafica di sesso e nome senza essersi sottoposta ad interventi chirurgici. In pratica, da oggi, nessun tribunale italiano può decidere di interpretare quel “caratteri sessuali” del primo articolo della 164/82(1) con caratteri sessuali primari, quindi neo-pene o neo-vagina. Chiunque abbia ottenuto con la terapia ormonale una presentazione dell’altro sesso può chiedere ed ottenere la rettifica all’anagrafe.
Questa sentenza, ottenuta con un lavoro di anni, come la precedente che dichiara incostituzionale lo scioglimento del matrimonio per le persone transessuali che rettificano il proprio sesso, sono entrambe frutto del lavoro dall’associazione Avvocatura diritti LGBTI Rete Lenford che si occupa egregiamente della tutela giudiziaria delle persone omosessuali, transessuali e intersessuali.
Mi interessa in particolar modo citare questi passi della sentenza:
“Chiedere un trattamento sanitario obbligatorio è lesivo della dignità e del principio che permea i diritti costituzionali fondamentali del primato della persona [..] essere sterile non può essere una condizione ineliminabile per la rettificazione degli atti anagrafici perché la legge non lo prevede espressamente, il giudice non può aggiungere tale condizione attesa la riserva di legge di cui all’art. 32 cost.; in ogni caso sarebbe violata la dignità della persona umana [..] il giudice in tal modo travalica i suoi poteri ritenendo inopportuno ciò che il legislatore non ha neanche preso in considerazione”.
“L’interpretare quel caratteri sessuali come primari restringe ingiustificatamente le ipotesi di godimento dei diritti fondamentali della persona, quali l’identità personale, l’autodeterminazione, l’integrità psico-fisica e il benessere psicosociale [..] l’identità di genere è un profilo rilevantissimo, anzi costitutivo dell’identità personale. Lo Stato non può incidere in senso restrittivo sull’esplicazione di tale profilo [..] deve ritenersi fortemente lesivo del diritto costituzionale all’identità personale dover evidenziare il contrasto tra dati anagrafici e la rappresentazione esterna (oltre che la percezione interiore) di un genere diverso”.
“si censura in particolare la parte di sentenza nella quale la corte afferma che dopo il riconoscimento dell’appartenenza al genere femminile, attesa la non completa irreversibilità del processo, si potrebbe nuovamente mutare lo stesso”
“il diritto all’autodeterminazione è inviolabile e non può essere compreso neanche da uno dei tre poteri dello Stato, nel senso che alcuno potrà sostituirsi al ricorrente per stabilire se sia o meno opportuno modificare i propri caratteri sessuali primari al fine di vedere rispettata anche dai terzi la propria identità personale”.
“Deve precisarsi, tuttavia che il riconoscimento giudiziale del diritto al mutamento di sesso non può che essere preceduto da un accertamento rigoroso da compiere attraverso la documentazione dei trattamenti medici e psicoterapeutici eseguiti dal richiedente, se necessario integrati da indagini tecniche officiose volte ad attestare l’irreversibilità personale della scelta”.
“l’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamenti tecnici in sede giudiziale”.
Quello che PALESEMENTE la corte di cassazione sta dicendo è che si è perpetuata un’oppressione contro le persone transessuali che va contro il loro diritto di autodeterminazione, di integrità psicofisica, di rispetto della propria identità personale. Più giudici hanno travalicato i propri poteri sentenziando contro i diritti costituzionali e tessendo una legislazione che non c’è mai stata. Di fatto questi giudici hanno messo la propria transfobia davanti ai diritti delle persone che si son trovati a dover giudicare. Il problema c’è e resta: finché per la rettifica anagrafica sarà richiesto il riconoscimento giudiziale, e non per via amministrativa, ci sarà sempre un giudice che deve interpretare delle carte e, in base a cosa non si sa, dichiarare l’irreversibilità personale della scelta, l’univocità del percorso e la compiutezza dell’approdo finale. Come questo non può stridere con altre parti della sentenza, dove vengono dichiarate l’inviolabilità del diritto all’autodeterminazione e l’importanza dell’identità di genere come profilo costituitivo dell’identità? Come ci si autodetermina se la transessualità, la disforia di genere, viene ancora trattata dalla legge come una patologia da risolvere? E come può l’identità di genere, che prevede il sentirsi appartenente al genere maschile, femminile o qualcosa di diverso da queste due polarità, essere conciliabile con la compiutezza dell’approdo finale? Ri-transizionare verso il genere di nascita, cosa per altro credo rarissima, non rientra comunque nel concetto di identità personale? Che ne sarà dei tempi morti che intercorrono tra l’inizio della terapia ormonale e il giudizio del tribunale? Questi non ledono il diritto costituzionale all’identità personale? Quando sarà prevista la possibilità di mutare i caratteri sessuali come ci pare, anche con le sole chirurgie e senza alcun trattamento ormonale in Italia? Perché una persona gender variant che non desidera sottoporsi ad alcun trattamento non può mutare le proprie generalità se queste gli causano malessere psicosociale?  Ed una persona intersessuale, la cui identità sessuale è stata scelta alla nascita da medici e genitori, non dovrebbe aver diritto di scegliersela quando questa si manifesta palesemente? E sul malessere psicosociale, che ne è dello stabilire prassi in difesa delle persone transessuali dalla transfobia che impedisce l’accesso al lavoro e ad una vita sociale soddisfacente? Quando saremo coscienti che tutte le figure con potere di veto sulla transizione sono contro i diritti garantiti dalla costituzione, e non solo chi voleva obbligare a trattamenti mutilanti e sterilizzanti le persone transessuali?
Oggi si è solo aperta una scorciatoia per uscire prima dall’oppressione che lo stato attua sulle persone trans*, non è affatto terminata l’oppressione. Nessuno ha messo in discussione il potere di quel solo uomo (o donna) che scrive una relazione di disforia di genere, di quel solo uomo (o donna) che decide se e quando concedere o meno i documenti rettificati, di quel solo uomo (o donna) che valuta il nostro profilo medico-psichiatrico e che può ascrivere qualsiasi nostro problema o perplessità, anche politica, ad una “non completamente realizzata transizione”. Il lavoro che le associazioni per i diritti delle persone trans* ed intersessuali devono fare è lo stesso di prima, la recettività del parlamento alle nostre problematiche anche, le spese legali da affrontare le stesse. Giustissimo che un’associazione votata alla tutela giudiziaria delle persone LGBTI agisca aprendo spiragli di libertà dentro i tribunali, ma che ne è di tutte le altre associazioni che dicono di occuparsi dei diritti delle persone TI? Cosa ci fanno sul carro dei principi del foro, quando dovrebbero impegnarsi nella consacrazione del vero diritto all’autodeterminazione, abbattendo qualunque ostacolo alla libertà personale che ci si para davanti? Il cambiamento deve inevitabilmente prima passare per una presa di coscienza, quella di sentirsi appartenenti e/o difensori di una fetta di popolazione oppressa, solo in quel momento vedremo realizzarsi la modifica di prassi e leggi. Io aspetto quel momento, il momento in cui inizierà la liberazione delle persone TI dal sistema patriarcale e sessista vigente.
(1)”La rettificazione si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali
 **pubblicato su anguane http://anguane.noblogs.org/?p=2651

giovedì 26 marzo 2015

Anche Genova decide per il cambio anagrafico senza interventi di sterilizzazione chirurgica

(ANSA) - GENOVA, 25 MAR - Il tribunale civile di Genova ha stabilito che si può cambiare l'attribuzione di sesso senza doversi sottoporre a un intervento chirurgico. In sostanza "l'intervento chirurgico può essere autorizzato in via preventiva solo quando necessario e per assicurare all'interessato uno stabile equilibrio psicofisico". Quindi "non si deve ritenere necessario l'intervento chirurgico per consentire la rettifica dei dati anagrafici".


domenica 15 marzo 2015

un anno di petizione.

In un anno la petizione per l'approvazione del DDL405 ha raccolto 8.522 firme. Quì potete leggere cosa questo testo comporterebbe se convertito in legge. Ad oggi la volontà politica di portare avanti questo DDL non va oltre alle chiacchiere e alle supposizioni fatte durante convegni LGBT. La paura dei paletti che le destre e le ale cattoliche potrebbero mettere scoraggiano a proseguire nell'iter di approvazione, anche perché un "simil-matrimonio per tutti" porta a casa più consenso che una legge a favore di poche decine di migliaia di persone.
Presto la cassazione si pronuncerà riguardo l'obbligo di sterilizzazione per ottenere il cambio anagrafico e, con tutta probabilità, in accordo con quanto stabilito da altri paesi e dalla corte europea dei diritti umani, non sarà più possibile per un giudice bloccare il cambio anagrafico perché non è accertata la sterilità della persona richiedente. Ci basta questo? Possiamo, nel 2015, accettare che un giudice debba decidere riguardo la nostra identità, con i costi e i tempi che questo comporta? Possiamo accettare di sottoporci a perizie di psichiatri, psicoterapie preventive, divorzi d'ufficio, tempi d'attesa infiniti, frustrazioni quotidiane, continui tagli dei servizi medici e sociali a noi dedicati?

STOP 
ALL'OPPRESSIONE DELLO STATO
SULLE PERSONE TRANSESSUALI

  • Perché sono una giovane transessuale e vorrei che il mio stato tutelasse i miei diritti.
  • Sto firmando perché questa è l'unica motivazione che non mi fa iniziare il mio percorso e sn 49 anni che aspetto che qualcosa cambi!
     
  • E' ora di cambiare
     
  • perche' l Italia necessità di smuoversi!
  •   Sto firmando perché sono un ragazzo ftm che ha il diritto ad essere se stesso senza giustificare nulla ad uno Stato che continua a reputare "diverso" un concetto che sta alla base della democrazia: la libertà!
     
  • L'identità di una persona è uno stato individuale, non una condizione decisa dallo Stato.
  • sto firmando perché bisogna sempre lottare per ciò in cui si crede.
  • Perché sono stanco di essere diverso da ogni essere umano, e voglio essere diverso da tutti. Con libertà.
     
    E' ora di finirla con la discriminazione

  •  Il diritto di ogni persona di essere come è

    È' cosi' xche' in un mondo civile e fi diritto deve essere cosi'
  • Sto firmando perché ritengo sia giusto che le persone transessuali ottengano il cambio dei documenti senza troppi problemi inutili.

  • Firmo la petizione in quanto sono una persona transessuale ed ho diritto ad avere i documenti anagrafici con il sesso a cui sento di appartenere,indipendentemente dall' intervento di riattribuzione sessuale.Forza ce la faremo!!!!

mercoledì 11 marzo 2015

L’obbligo di sterilizzazione delle persone transessuali viola i diritti umani

 la Corte europea dei Diritti Umani ha detto chiaramente che una persona transessuale che richiede la rettificazione anagrafica del proprio sesso non può essere costretta a sottoporsi a interventi chirurgici di sterilizzazione. Un tale obbligo, infatti, violerebbe il suo diritto fondamentale all’integrità fisica e non risulta necessaria in una società democratica. Le persone transessuali godono del diritto alla realizzazione personale e al rispetto dell’integrità fisica e morale.
 

Ora non ci resta che aspettare che la corte costituzionale Italiana, chiamata in causa dal tribunale di Trento, si pronunci riguardo l'interpretazione della legge 164/82, nell'udienza del prossimo ottobre.
 
Il parlamento potrebbe legifefare e convertire in legge il ddl405, legge che darebbe un notevole respiro a chi intraprende un percorso di transizione, ma c'è la volontà politica per farlo o dobbiamo per l'ennesima volta aspettare che siano i tribunali a conquistare brandelli di giustizia perché il parlamento italiano non vuole farsi carico delle questioni riguardanti le  minoranze?

giovedì 18 dicembre 2014

La Consulta deciderà sui requisiti per rettificare il sesso Riattribuzione del genere anagrafico senza operazione né sterilizzazione

Poiché il tribunale competente dipende dalla residenza, ci si può trovare davanti un giudice che concede una nuova identità anche solo sulla base di trattamenti ormonali oppure un giudice che va addirittura a sindacare la qualità della ricostruzione plastica del fallo.

Secondo il collegio tridentino «l'imposizione di un determinato trattamento medico, sia esso ormonale ovvero di riattribuzione chirurgica del sesso, costituisce tuttavia una grave ed inammissibile limitazione al riconoscimento del diritto all’identità di genere». Sul fronte del diritto alla salute garantito dall’art. 32 Costituzione, il Tribunale osserva che «sia il trattamento ormonale sia la RCS, sono - notoriamente - molto rischiosi per la salute umana». Aggiunge, infine, che «una volta che lo Stato riconosce il diritto della persona a cambiare il proprio sesso anagrafico, subordinare l'esercizio di tale diritto alla sottoposizione della persona a dolorosissimi e pericolosissimi trattamenti sanitari dalla stessa non voluti, significa pretendere da lei di commettere un atto di violenza sul proprio corpo», concludendo con l’affermazione per cui «non sembra consentito al legislatore ordinario subordinarlo a restrizioni tali da pregiudicarne gravemente l'esercizio, fino a vanificarlo».

Testo completo
Comunicato stampa dell'associazione radicale Certi Diritti
Il testo dell'ordinanza

venerdì 5 dicembre 2014

#ddl405 in Italia è obbligatoria la sterilizzazione

Da "gli stati generali", L'articolo "Registrazione del cambio di sesso, in Italia è obbligatoria la sterilizzazione" di Angela Gennaro

Valeria è una donna. Donna si sente, come donna vive, ma sulla carta di identità resta il suo nome da uomo, Gino.Valeria non è più Gino, forse non lo è mai stata, ma quando degli agenti la fermano per un controllo, e lei fornisce le sue generalità femminili – perché questa, per Valeria, è la realtà – finisce in tribunale. L’accusa: false intestazioni sull’identità a pubblici ufficiali. Il risultato: una condanna di un anno di reclusione senza sospensione della pena. Succedeva sei anni fa a Taurisano, in Salento, ma accade al Nord come al Sud ancora oggi.
In Italia le persone transessuali vengono autorizzate al cambio dei dati anagrafici solo se hanno terminato un percorso che ha come risultato finale la loro sterilizzazione. Una sterilità non imposta per legge, come pure accade, ma di fatto: finché non è provata la sterilizzazione della persona, chirurgica o, in rari casi, medica, il cambio dati non viene autorizzato. Questo vuol dire passare 5, 6 anni o anche tutta la vita – nel caso in cui una persona non voglia operarsi – con dei documenti che non corrispondono più al proprio aspetto. La legge vigente, la 164/82, ha 32 anni. Un testo  “abbastanza vago, la cui interpretazione nei fatti è questa, fatta all’epoca come sanatoria per chi si era operato all’estero”, spiega Michela Angelini, promotrice di una petizione con oltre 8.300 firme su change.org per chiedere l’approvazione del ddl 405, “in materia di modificazione dell’attribuzione di sesso” assumendo “il sesso sociale al di sopra di quello genitale”. “In tutte le sentenze c’è scritto che la persona è probabilmente sterile per via del trattamento ormonale”, continua Michela. “Nella maggior parte degli Stati, invece, è consentito cambiare almeno il proprio nome quando muta l’aspetto”.
Il rapporto Lunacek su diritti LGBT in Europa, approvato a febbraio scorso, invita gli Stati membri a non procedere con azioni di sterilizzazione forzata. Transgender Europe, no profit che mette insieme una serie di organizzazioni per “la piena uguaglianza e l’inclusione di tutte le persone trans”, pubblica ogni anno la mappa di questa Europa spaccata a metà tra Paesi in cui è necessaria la rettificazione chirurgica dei genitali per portare a termine le pratiche amministrative per il cambio sesso sui documenti e Stati in cui le cose stanno in modo diverso. In Spagna, Portogallo, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Polonia, Austria, Croazia, Bielorussia, Estonia e Svezia spesso basta un’autocertificazione. All’elenco si è aggiunta da poco la Danimarca, che permette il cambio di genere senza diagnosi clinica. La sterilizzazione “obbligatoria” vige in Italia Turchia, Francia, Belgio, Grecia ma anche Finlandia e Norvegia.
Michela Angelini è una donna nata maschio. “Vivo come donna da ormai tre anni e ho una relazione stabile con un ragazzo che ha fatto il percorso inverso al mio, da donna a uomo”, si legge nella sua petizione on line. “Abbiamo una vita tranquilla e felice finché non abbiamo necessità di utilizzare i nostri dati anagrafici”. Inevitabili, racconta, i problemi e le “continue violazioni della privacy”. “Io, come tante altre persone transessuali, non ho intenzione di subire mutilazioni genitali, perché sono in perfetta sintonia con il mio corpo attuale”. Quindi che fare, mentre ad ogni pagamento con carta di credito, ad ogni fattura emessa, ad ogni lavoro trovato e perso ci si trova a dover spiegare perché sui documenti c’è un nome maschile?
La politica dovrebbe dare una risposta, se non altro perché ormai obbligata da una sentenza della Corte Costituzionale, la 170. Succedeva ad agosto, nello stesso periodo in cui i giornali raccontavano la storia di Nicole, trans di Carrara morta a 37 anni, donna ormai da 17, vestita da uomo per il suo funerale per volere della famiglia. In quei giorni arrivava la pronuncia della Consulta sul caso del divorzio imposto a una coppia modenese, in cui il marito aveva cambiato sesso diventando una donna. I due avevano chiesto di mantenere in vita il loro legame e invece il matrimonio è stato annullato d’ufficio.
“La sentenza della Corte dice che la legge 164 è costituzionalmente illegittima laddove impone il divorzio tra i coniugi in caso di cambio di sesso di uno dei due senza prevedere che ci possa essere un’altra forma per continuare il rapporto anche sul piano delle tutele giuridiche”, spiega Sergio Lo Giudice, senatore in quota Pd e papà del disegno di legge 405 sul cambio sesso. Un disegno di legge per cui ha chiesto la calendarizzazione da quasi un anno, a marzo scorso. “Il punto è che si è fermato tutto”, tuona Alberto Airola, senatore pentastellato autore a sua volta di un altro disegno di legge sul tema, molto simile a quello del collega della maggioranza. “Confluiremo su un unico testo, troveremo un relatore, non molleremo”, continua. “La situazione però è di stallo: i diritti lgbt e civili sono temi troppo divisivi per la maggioranza”.
Il punto è che il vuoto di legge evidenziato dalla sentenza della Consulta rivela il nervo scoperto delle unioni civili. “La risposta alla Corte non può che essere legiferare su un nuovo istituto giuridico che riconosca anche i diritti di quella coppia il cui matrimonio viene annullato in seguito al cambio di sesso di uno dei coniugi”, dice ancora Lo Giudice. “Contemporaneamente c’è da rivedere la 164. Dopo la sentenza della Consulta esiste un’urgenza oggettiva”.
Con questo governo? “È evidente che c’è oggi un attacco formidabile da parte del centrodestra nei confronti di qualunque azione di contrasto alle discriminazioni omotransfobiche o di riconoscimento dei diritti delle persine LGBTI,  che loro definiscono con l’astrusa formula di ‘ideologia del gender’”, chiosa Lo Giudice. “Ma volere è potere: nel 1982 un governo democristiano e un parlamento a maggioranza di centrodestra ha approvato la 164 che allora era una delle leggi più avanzate del mondo in tema di cambio di sesso di persone transessuali. Stiamo portando in aula la proposta di legge sul divorzio breve che è stata approvata in Commissione Giustizia con un voto trasversale M5S e Pd contro il parere del centrodestra. Il mio partito in questo periodo fa fatica a votare compatto su tante cose. Ma alla fine, se si vuole, troveremo la via. Il punto è cominciare”.
“Il mio disegno di legge, insieme a quello di Lo Giudice, sono cruciali nella questione culturale e politica per uscire dal medioevo”, chiosa Alberto Airola. “La situazione culturale è peggiorata e fa fede l’attacco della Cei e di una parte della politica di estrema destra fa a diritti lgbt, strumentalmente: non si capisce come dare diritti ad una famiglia gay li tolga ad una famiglia etero”. Da regolamento del Senato l’opposizione, ogni due mesi, può presentare e far discutere un ddl. “Fino ad oggi ce lo hanno sempre negato”, sostiene Airola. “Ma finalmente per mercoledì hanno calendarizzato il reddito di cittadinanza. Userò questo strumento per chiedere anche io di calendalizzare il ddl sul cambio sesso. Ma dovrebbe essere la maggioranza a farlo: è a causa sua che si affossa il percorso legislativo di questa legge”.